martedì 23 giugno 2009

Nelle sale cinematografiche viene proiettato, in questi giorni, l’ultimo film di Marco Risi “ Fortapàsc” , la rievocazione della storia e dell’assassinio del giovane giornalista de “Il Mattino” di Napoli, assassinato a metà degli anni ottanta dalla camorra.
Il film, ben congeniato e diretto con il solito mestiere, crudo e realistico di Risi, racconta gli inizi della carriera di Siani, affronta il problema della responsabilità e della specificità della professione del giornalista e trasmette la drammaticità sempre crescente negli scontri tra coloro che sono solo assetati di potere e guadagno e chi, attraverso una inchiesta, può rompere qualche anello di una catena di complicità.
Sotto questa luce sono comprensibili le emozioni degli spettatori, il loro sdegno nei confronti dei poteri collusi con la criminalità e, come dal alcuni affermato, questa storia potrebbe rappresentare l’antefatto a “Gomorra”.
Negli anni, la morte di Giancarlo Siani, è stata sempre portata ad emblema della ricerca della verità in un contesto che tutto può ambire tranne che alla trasparenza.
Esistono tutti gli elementi per indicare in Siani , un personaggio mitico e sempre nell’affrontare i temi della criminalità soprattutto in odor di camorra, lo si cita: articoli, saggi ed ora anche un film di successo, hanno accresciuto ed ampliato i rimandi mitici di questo personaggio.
La nostra valutazione, dei fatti dei personaggi e dei miti, non coincide con tutto quanto è stato indicato.
L’omicidio di un giovane poco più che ventenne, con un luminoso avvenire professionale già individuabile in prospettiva, è riprovevole e immaginiamo l’immenso dolore delle persone a lui legate dinanzi alla sua morte.
Premesso ciò, anche se rischiamo di essere tacciati come persone insensibili, corre l’obbligo di rivedere la vicenda da un’ottica diversa.
Il mestiere di giornalista se svolto con passione e sacrificio, certamente può portare a rendere visibile all’opinione pubblica vicende e situazioni non sempre chiare e corrette.
Lo slancio del giovane giornalista, alla ricerca di scoop sempre più eclatanti, porta ovviamente alla notorietà e alla alta considerazione da parte dei lettori; nel tempo si può giungere alla realizzazione professionale anche ai massimi livelli tali da far inserire il giornalista di successo in una casta nell’accezione usata negli ultimi tempi. Ma quale è il costo della realizzazione e del successo?
Nella gestione del potere sono molte le componenti e poiché la perfezione non è di questo mondo, talvolta occorre bilanciare situazioni positive con altre che lo sono meno: chi fonda il proprio successo nel ricercare e pubblicizzare gli eventi e i comportamenti negativi, opera nella stessa maniera di coloro che sono i suoi bersagli.
È molto facile, secondo una opinione diffusa che tutto si può fare anche di illegale fino a quando non si viene scoperti, trovare il modo avendo dalla propria parte media di massa, scoprire le nicchie di illegalità; queste scoperte in ultima analisi, sommate l’une alle altre, conducono lo scopritore al successo.
Avremmo ben altra considerazione se si cercasse di far comprendere all’opinione pubblica che atteggiamenti ed azioni discutibili non debbono essere messe in atto in quanto offesa a tutta la comunità, legati a principi si sovvertimento delle regole accettate del vivere sociale e freno ed ostacolo al benessere di tutta la comunità.
Questo tipo di finalità e la sua divulgazione non è presente nelle cronache del giovane Siani né tanto meno in quelle di famosi giornalisti che come abbiamo affermato, hanno costruito la loro carriera e fama sulla individuazione della illegalità diffusa.
Immaginiamo dunque, quale sarebbe stata la loro visibilità e notorietà in una comunità abituata a vivere eticamente.
Inserirsi nelle situazioni complesse che talvolta hanno anche delle motivazioni e giustificazioni del loro essere, per poter costruire la propria carriera professionale, è solo il risvolto di un tipo di youppismo.
Questa modalità di agire noi più volte la abbiamo stigmatizzata perché nella maniera cinica con la quale viene messa in atto, utilizza e strumentalizza gli stessi fatti che vorrebbe esorcizzare.